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San Nicola da Crissa

di Don Domenico Bellissimo

La Barcunata 15

Semplice, mansueto, vecchio mio,

insignificante borgo triangolare

che sovrasti la pace degli ulivi

e ti affacci solitario

balcone della Calabria,

accanto a Coppari,

fratello dagli occhi spenti

con la testa rasa,

sul celeste mare

del golfo di Sant'Eufemia.

Tu, pure senza chiome,

domini soltanto la sabbia,

dove spariscono le tue guglie d'acqua

dai molti nomi di favola

e si addormentano abbracciate,

per riapparire lontano

con nomi nuovamente suggestivi di lunga storia.

Paese di spine e di ortiche

che sferza il crudo vento di ponente,

dovrò recarmi un'altra volta almeno,

gli occhi aperti e i sensi ben desti,

da figlio innamorato, per succhiare

la vita alle tue pure gioie

di bellezze naturali e perenni,

al tuo paesaggio avventuroso e ardito,

o, altrove, pacato di presepe.

Patria mia lontana per altro amore,

mia terra bella e buona,

adagiata su un precipizio,

pronta a spiccare il volo,

sento aleggiarti intorno

gli spiriti dei Padri

del distrutto monastero.

Rivedo col pensiero

la grotta del Vizzarro,

le curve di Fàscina,

la casa dell'eco;

rientro

nel Santuario di MATER DOMINI,

oasi di pace, antenna di fede,

meta di pellegrinaggio.

E ti amo come creatura viva.

M'intenerisce un'onda di commozione

ricordando i nonni,

bianchi e trasparenti come alabastro

che hanno lavorato fino all'ultima ora;

pensando alla mamma,

prima maestra,

che mi ha dato ad altri, per sempre;

alla tua gente di gioia e fatica

che canta

anche se il male s'abbatte

nelle case e sulle piante;

alla tua gente vulcanica,

da le molte strade

legate dal nesso d'amore;

pia gente

che raccoglie il morsello di pane caduto.

Paesino mio nobile e dignitoso,

se hai incipriato un po' la faccia,

rinnova il cuore,

cessando le lotte di fratelli,

tu che hai gridato con me

al sole, al vento, alle stelle.